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San Francesco d’Assisi stimmatizzato in una gloria d'angeli

Carracci Agostino

(Bologna 1557 - Parma 1602)

Questa tela è presente nella raccolta Borghese fin dal 1693, dove viene genericamente citata come opera del Carracci. Raffigura Francesco, il santo d'Assisi, mentre in piedi e con le braccia aperte contempla l'immagine di un crocifisso, apparsogli in cielo in una gloria di angeli.

Il santo è qui ritratto con i suoi tipici attributi iconografici: il saio, le stimmate, la corona del Rosario, il libro e un teschio, tipico memento mori allusivo alla transitorietà della vita e alla vanità delle cose terrene.


Scheda tecnica

Inventario
066
Posizione
Datazione
Fine XVI secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 141 x 110
Cornice
Cornice ottocentesca decorata con palmette
Provenienza

Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza I, n. 2; Della Pergola 1955); Inventario 1790, Stanza X, n. 53; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 10. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 2009 Kyoto, The National Museum of Modern Art;
  • 2010 Tokyo, Metropolitan Art Museum.
Conservazione e Diagnostica
  • 1964 Renato Massi (doratura della cornice);
  • 2002-2003 Andrea Parri (disinfestazione e consolidamento della cornice);
  • 2009 Matteo Rossi Doria (restauro completo del dipinto).

Scheda

Il dipinto è segnalato per la prima volta in collezione Borghese nel 1693, descritto nell'inventario di quell'anno come "un quadro di S. Francesco con la gloria et una testa di morto con cinque angeli [...] tela d'imperatore con sua cornice dorata del Carracci". La tela, senza una precisa attribuzione, fu inventariata nel 1790 come opera di Agostino Carracci, nome mutato con quello di Annibale nel 1833 ma scartato sia da Giovanni Piancastelli (1891), sia da Adolfo Venturi (1893) che preferirono catalogare il quadro come anonimo carraccesco. Pur mantenendo l'esecuzione dell'opera nell'ambito della bottega dei Carracci, Roberto Longhi (1928) la avvicinò ad Annibale, parere non condiviso né da Heinrich Bodmer (1939), che optò per Ludovico; nè da Paola della Pergola, che come per La morte di santa Caterina da Siena (inv. 58), propose il nome di Agostino. Secondo la studiosa, infatti, le affinità di stile, di colore e di gusto che questo ultimo dipinto condivide con la tela in esame fanno pensare senza riserva alla stessa mano, giudizio accolto positivamente dalla critica (cfr. Herrmann Fiore 2006).

  Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 185;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 68;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 182;
  • H. Bodmer, Ludovico Carracci, Burg 1939, p. 142;
  • C. A. Petrucci, Catalogo generale delle Stampe tratte dai rami incisi posseduti dalla Calcografia Nazionale, Roma 1953, pp. 111, 144;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, p. 19, n. 12;
  • P. della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (I), in “Arte Antica e Moderna”, XXVI, 1964, p. 220;
  • S. E. Ostrow, Agostino Carracci, tesi di dottorato (New York University), New York 1966, p. 434;
  • R. Longhi, Saggi e ricerche 1925-28. Precisioni nelle gallerie italiane. La Galleria Borghese, Firenze 1967, p. 335;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 27;
  • M. Gianandrea, in Galleria Borghese. The Splendid Collection of a Noble Family, catalogo della mostra (Kyoto, The National Museum of Modern Art, 2009; Tokyo, Tokyo Metropolitan Art Museum, 2010), a cura di C.M. Strinati, A. Mastroianni, F. Papi, Kyoto 2009, p. 130, n. 29.