Questa tela è presente nella raccolta Borghese fin dal 1693, dove viene genericamente citata come opera del Carracci. Raffigura Francesco, il santo d'Assisi, mentre in piedi e con le braccia aperte contempla l'immagine di un crocifisso, apparsogli in cielo in una gloria di angeli.
Il santo è qui ritratto con i suoi tipici attributi iconografici: il saio, le stimmate, la corona del Rosario, il libro e un teschio, tipico memento mori allusivo alla transitorietà della vita e alla vanità delle cose terrene.
Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza I, n. 2; Della Pergola 1955); Inventario 1790, Stanza X, n. 53; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 10. Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto è segnalato per la prima volta in collezione Borghese nel 1693, descritto nell'inventario di quell'anno come "un quadro di S. Francesco con la gloria et una testa di morto con cinque angeli [...] tela d'imperatore con sua cornice dorata del Carracci". La tela, senza una precisa attribuzione, fu inventariata nel 1790 come opera di Agostino Carracci, nome mutato con quello di Annibale nel 1833 ma scartato sia da Giovanni Piancastelli (1891), sia da Adolfo Venturi (1893) che preferirono catalogare il quadro come anonimo carraccesco. Pur mantenendo l'esecuzione dell'opera nell'ambito della bottega dei Carracci, Roberto Longhi (1928) la avvicinò ad Annibale, parere non condiviso né da Heinrich Bodmer (1939), che optò per Ludovico; nè da Paola della Pergola, che come per La morte di santa Caterina da Siena (inv. 58), propose il nome di Agostino. Secondo la studiosa, infatti, le affinità di stile, di colore e di gusto che questo ultimo dipinto condivide con la tela in esame fanno pensare senza riserva alla stessa mano, giudizio accolto positivamente dalla critica (cfr. Herrmann Fiore 2006).
Antonio Iommelli