L’opera rappresenta una delle numerose copie romane, inquadrabile nel II secolo d.C., di un originale di epoca ellenistica. Si tratta di un piccolo Erote dormiente, con il capo adagiato sulla mano sinistra, mentre la destra stringe una clava di ridotte dimensioni. Il corpo, dalle forme piene, è raffigurato in una torsione del busto e del braccio destro verso sinistra.
La presenza della clava, richiamo alla figura di Eracle, sembra poter far ritenere la scultura un’allegoria funeraria infantile, modello noto anche da altre repliche; nella scultura funeraria infantile era infatti frequente la rappresentazione della figura del piccolo Eros/Eracle - eroe divinizzato dopo la morte - quale immagine della vita felice nell’al di là.
Ad un erote che dorme
Dormi, tu che rechi ai mortali insonni affanni;
dormi, figlio di colei, funesta, che è nata dalla spuma del mare,
senza sollevare la fiaccola fiammeggiante,…
(Statilio Flacco, Planudea, ep. 211)
La scultura riproduce un fanciullo in giovane età, dai tratti infantili e forme piene, dormiente su una roccia, in una posa di pieno abbandono. La figura, distesa, presenta una lieve torsione verso sinistra del busto e del braccio destro, mentre il sinistro, adagiato sull’ala, è ripiegato sotto il capo. Con la mano destra cinge dolcemente una clava stesa sotto la sua gamba sinistra. Nel volto le gote sono paffute, gli occhi accennati da lievi tratti e la piccola bocca dischiusa. I capelli, scriminati lateralmente, sono suddivisi in ciocche e folti boccoli incorniciano la fronte scendendo fin sotto l’orecchio destro. L’opera si può ritenere una delle numerose repliche romane, ascrivibile al II secolo d.C., di un archetipo di epoca ellenistica, rappresentante Eros dormiente. Margarete Bieber, nel 1961, ritiene che tale archetipo si possa identificare con una statua di bronzo conservata al Metropolitan Museum di New York (Bieber 1961, p. 145, figg. 616-618). La medesima ipotesi viene avanzata da Magdalene Söldner, nel 1986, che dedica al modello iconografico un importante contributo, analizzando puntualmente le numerose copie conservate e operando una suddivisione tipologica in base all’osservazione stilistica e strutturale (Söldner 1986).
Maxime Collignon riscontra il motivo di genere dell’Eros dormiente con gli attributi di Eracle frequente come decorazione di tombe infantili per le quali il piccolo defunto si identifica con la figura di Eros-Eracle, finendo per rappresentare un’allegoria funeraria: da una parte il sonno eterno e dall’altra l’auspicio di una vita felice dopo la morte, in assonanza con la figura dell’eroe divinizzato da Zeus alla fine della vita (Collignon 1911, pp. 342-345).
Tra le numerose repliche note l’esemplare Borghese sembra potersi accostare con maggior coerenza, soprattutto per la delicata torsione del busto, all’Eros dormiente conservato nei Musei Capitolini, presso il Palazzo dei conservatori (Lawrence 1927, pp.23, 114, pl. 41b; Giglioli 1953-1955, pp. 924-925, fig. 683) e a quello esposto presso gli Uffizi, accompagnato dalla raffigurazione di papaveri e di un’ape (inv. 1914 n. 392). Una caratterizzazione legata alla figura di Eracle, con lievi differenziazioni, presentano invece tre sculture conservate una al Museo Archeologico di Torino, nella quale il piccolo Erote è avvolto in una pelle di leone (Collignon 1911, p. 344, nota 2), una seconda presso il British Museum di Londra (Collignon 1911, p. 344, fig. 218) e una terza al Museo Archeologico di Madrid (García y Bellido 1949, p.112, n. 111, tav. 87). Nelle ultime due la figura è adagiata accanto ad una clava con una lucertola ai piedi.
Giulia Ciccarello