La statua virile, di ignota provenienza, rappresenta un togato con gamba sinistra portante, mentre la destra è lievemente flessa e scartata di lato. Il personaggio indossa la tunica e una ampia toga virilis che avvolge il corpo formando un largo sinus fino al ginocchio. Il panneggio è trattenuto al fianco dalla mano destra, mentre a sinistra è sostenuto dall’avambraccio proteso, con volumen in mano. Gli elementi del drappeggio sono tipici della prima età imperiale e suggeriscono una datazione alla tarda età claudia. Il volto, non pertinente, è quello di un uomo di età matura con occhi infossati con spesse occhiaie, rughe parallele sulla fronte, alla radice del naso e sulle tempie. La testa, di cui esistono almeno 70 repliche, si inserisce nel tipo iconografico del ritratto di Menandro, massimo esponente della Commedia Nuova. Il ritratto venne eseguito dopo la morte del commediografo (293-292 a.C.) per il monumento in bronzo innalzato ad Atene presso il teatro di Dioniso dai figli di Prassitele Cefisodoto il giovane e Timarco. L’esemplare Borghese, ascrivibile al filone realistico – più direttamente collegato all’archetipo e attestato con continuità nel tempo –, è databile al I sec. d.C.
Collezione Borghese, citata per la prima volta nel 1832 da Nibby (p. 49); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 42, n.19 (salone). Acquisto dello Stato, 1902.
La scultura, di ignota provenienza, è menzionata per la prima volta nella guida del Nibby del 1832, che non distingue il ritratto dalla statua di togato cui è imposto, analogamente all’anonimo autore dell’Indicazione, che parla semplicemente di una statua togata.
La statua virile rappresenta un togato con gamba sinistra portante, mentre la destra è lievemente flessa e scartata di lato. Il personaggio indossa la tunica e una ampia toga virilis che avvolge il corpo formando un largo sinus fino al ginocchio. Il panneggio è trattenuto al fianco dalla mano destra, mentre a sinistra è sostenuto dall’avambraccio proteso, con volumen in mano. Dal fianco destro il balteus sale diagonalmente sulla spalla sinistra con fitte pieghe, mentre l’umbo, di dimensioni ridotte, fuoriesce dal balteus con la caratteristica forma a U. L’uso di drappeggiare la toga alla maniera del togato Borghese (corrispondente alla tipologia Ba nella classificazione di Goette) si diffonde dall’età augustea e, con rare attestazioni, si conserva fino oltre l’età severiana. Gli elementi del drappeggio sono tipici della prima età imperiale: la fitta successione di pieghe dell’ampia veste, con risvolto sul rotolo che attraversa il corpo sul davanti ricorda panneggi età tiberiana e claudia prodotti in botteghe greche e asiatiche (si vd. Tiberio in veste di Pontefice Massimo o Claudio come Zeus a Olimpia); nella statua Borghese la tradizione ellenistica si avverte nella cura con cui sotto la toga si traspare la stoffa della tunica.
Il volto, non pertinente, è quello di un uomo di età matura: la fronte è ampia, gli occhi infossati e la bocca lievemente schiusa con denti in parte scoperti. La capigliatura presenta un andamento sinuoso sulla fronte, con riccioli dietro alle orecchie a sinistra e a destra tirati dall’occipite in avanti. Sulle tempie i capelli sono invece più gonfi rispetto alla fronte e si dispongono davanti alle orecchie. Il viso mostra tracce dell’età della persona ritratta: occhi infossati con spesse occhiaie, rughe parallele sulla fronte, alla radice del naso e sulle tempie.
La testa, di cui esistono almeno 70 repliche, già accostata dal Bernoulli (1901) ai nomi di Cicerone o Pompeo e a Virgilio dal Crome (1935; 1952), si inserisce perfettamente nel tipo iconografico del ritratto di Menandro, massimo esponente della Commedia Nuova. Il ritratto venne eseguito dopo la morte del commediografo (293-292 a.C.) per il monumento in bronzo innalzato ad Atene presso il teatro di Dioniso dai figli di Prassitele Cefisodoto il giovane e Timarco (Richter 1965, pp. 227-229; Fittschen 1991).
Il primo studioso a riconoscere in alcuni esemplari di età romana il ritratto del greco Menandro fu F. Studniczka, che annovera anche la replica Borghese nella lista delle copie. Tuttavia la proposta di identificazione con Virgilio ha generato un ampio dibattito nell’ermeneutica archeologica, cui ha posto fine solo la pubblicazione di un bustino bronzeo con il nome del commediografo sulla base al J.-P. Getty Museum (Ashmole 1973).
La ricomposizione filologica del monumento nella sua totalità a opera di K. Fittschen, per lo più accettata, avvenne presso l’Istituto archeologico dell’Università di Gottinga, dove il busto del Seminario Patriarcale di Venezia – che conservava parte del panneggio – venne unito con il corpo acefalo conservato al Museo Nazionale di Napoli, collocandolo poi su una copia della base (Fittschen 1991). La ricostruzione ha, così, offerto la possibilità di esaminare nel dettaglio il monumento: il commediografo aveva volto rasato ed era rappresentato seduto, con indosso una sottoveste, caratteristiche non consuete considerate esplicita allusione all’amore per il lusso e al filomacedonismo del poeta (Palagia 2005; Persano 2016).
Nell’evoluzione formale dell’iconografia del soggetto, che sopravvive fino alla tarda antichità, sono state riconosciute due differenti tendenze: una ‘realistica’ e una ‘classicistica’. Al primo filone, più direttamente collegato all’archetipo e attestato con continuità nel tempo, nella prima età imperiale si affianca una versione i cui caratteri sono avvicinabili a quelli della ritrattistica augustea e giulio-claudia. L’esemplare Borghese, ascrivibile al filone realistico, è databile al I sec. d.C.
Jessica Clementi