La statua, probabilmente in origine con funzione ritrattistica, rappresenta una figura muliebre con indosso un lungo chitone e mantello, poi restaurata nell’Ottocento come Flora con l’aggiunta di una testa moderna. Il panneggio richiama elementi tipici della produzione scultorea tardo-classica e proto-ellenistica, suggerendo una probabile elaborazione dello schema iconografico in ambiente microasiatico, dove si trovano confronti puntuali.
Segnalata fra gli oggetti venuti da Frascati, non è possibile stabilire se provenga dagli scavi eseguiti in località Vigna Lucidi o Cocciano o, ancora, se rientrasse fra i materiali già trasportati presso la Villa Mondragone.
Collezione Borghese, da Frascati (ante 1827); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 44, n. 43 (sala I). Acquisto dello Stato, 1902.
La statua è segnalata da Gozzani, ministro di casa Borghese incaricato di curare l’allestimento della collezione di famiglia all’indomani della vendita di antichità a Napoleone Bonaparte, fra gli oggetti venuti da Frascati; non è possibile stabilire se dagli scavi eseguiti in quegli stessi anni in località Vigna Lucidi o Cocciano o, ancora, se rientrasse fra i materiali già trasportati presso la Villa Mondragone. Nel 1827 venne assegnata a Francesco Massimiliano Laboureur per i restauri che la connotarono come Flora.
La statua rappresenta una figura muliebre panneggiata stante sulla gamba sinistra, mentre la destra, libera e scartata di lato, è leggermente flessa al ginocchio e portata indietro; la ponderazione determina una lieve inclinazione del torso, con l’anca sinistra più alta della destra. La figura indossa un lungo chitone con sopra un himation; la tunica, di cui si intravede l’ampia scollatura tondeggiante, scende fino a terra, lasciando scoperte le punte dei piedi, ed è mossa da pieghe sottili e pesanti, che assecondano lateralmente il movimento delle gambe. L’ampio himation avvolge il corpo della matrona e il braccio destro, ricadendo in un ampio rincalzo sopra al seno. Il braccio sinistro, disteso e allungato, trattiene nella mano un bouquet di fiori, opera del restauro ottocentesco. Divenuta Flora con l’inserzione del bouquet e l’aggiunta di una testa moderna, la scultura aveva originariamente una funzione di statua-ritratto; il panneggio richiama elementi tipici della produzione scultorea tardo-classica e proto-ellenistica, che suggeriscono una probabile elaborazione dello schema iconografico in ambiente microasiatico. La scultura Borghese trova confronti puntuali nel gesto della mano destra e nella disposizione del mantello con una figura del gruppo ellenistico di Torbali a Izmir, trovato nelle vicinanze di Efeso e interpretato da alcuni come Elena e Peithò (Persuasione) (inv. 4741), e con alcune varianti di questo, quali quella dal Ginnasio di Efeso a Izmir (inv. 649), da Perge ad Antalya (inv. A 3180) e quella con testa ritratto di Faustina Maggiore nella collezione Ince Blundell Hall (Linfert 1976, pp. 52-57).
In età ellenistica sono noti numerosi esemplari di figure muliebri drappeggiate in varie libere elaborazioni del panneggio e dell’abbigliamento con funzione onoraria e commemorativa o funeraria; è soprattutto la destinazione funeraria a prevalere nelle sculture elaborate nel mondo romano. Nel nostro caso, il trattamento del panneggio può suggerire una datazione all’età antonina.
Jessica Clementi