La statua rappresenta una matrona romana stante con indosso chitone e mantello che tiene un lembo della veste nella mano sinistra, mentre la destra stringe una patera. La testa, lavorata a parte, si caratterizza per una fisionomia individualizzata e una complessa acconciatura con ‘diadema’ multiplo e turbante di trecce, che richiama le pettinature delle dame della famiglia Ulpia, ma ampiamente diffusa anche tra i ritratti privati di età traianeo-adrianea.
L’esemplare Borghese riproduce una iconografia abbastanza diffusa a Roma per le immagini di Spes, personificazione della Speranza, il cui simulacro era ospitato nel tempio della dea nel Foro Olitorio, poi frequentemente utilizzata in età imperiale anche per statue ritratto.
Collezione Borghese, citata per la prima volta da Nibby (1832); Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, C, p. 44, n. 41 (sala I). Acquisto dello Stato, 1902.
La statua rappresenta una matrona romana stante, con la sinistra avanzata che tiene un lembo della veste nella mano sinistra, mentre la destra, portata in avanti, stringe una patera. L’abito è composto da un chitone con fitte pieghe oblique che coprono le gambe, lasciando intravedere la forma della sinistra e da un corto himation con le maniche fino al gomito, fissato sull’avambraccio da fibule. La testa, lavorata a parte, si caratterizza per una fisionomia individualizzata e una complessa acconciatura con ‘diadema’ multiplo e turbante di trecce. Il diadema è composto di tre elementi con scriminatura centrale. Il primo, partendo dal basso, si compone di una fascia di fitte ciocchette arcuate a mezzaluna; il secondo e il terzo, invece, presentano ciocche semilunate contrapposte che si incontrano al centro nella mandorla in forma di triplice cuspide acuminata. Ben calzato sulla calotta cranica, infine, è il turbante di quattro trecce. La cosiddetta acconciatura a turbante, caratterizzata dalla corona di trecce calzata intorno al capo come un berretto e la costruzione a più livelli del ‘diadema’ richiama le pettinature delle dame della famiglia Ulpia; con Marciana, sorella di Traiano, si diffuse infatti il diadema articolato a tre livelli, poi attestato nelle immagini delle altre componenti femminili della famiglia imperiale e tra i ritratti privati di età traianeo-adrianea, che riproducevano il modello standard variandolo nella composizione e nel numero delle fasce del ‘diadema’, ridotte o aumentate fino a quattro (Ambrogi 2013; Buccino 2017).
Il corpo è plasmato sul modello della kore, tipo statuario ampiamente usato nel mondo greco in età arcaica per effigiare la offerente e la defunta. Definito da Nibby (1832) una statua di Plotina, l’esemplare Borghese, nello specifico, riproduce una iconografia abbastanza diffusa a Roma (Fuellerton 1990, pp. 103-126) per le immagini di Spes, personificazione della Speranza, come attestato dalle emissioni monetali di età claudia e flavia che riproducevano il simulacro del tempio di Spes nel Foro Olitorio.
Il tipo venne frequentemente utilizzato in età imperiale per statue ritratto, come attesta anche un esemplare di dimensioni ridotte di età augustea dal Viminale, oggi ai Musei Capitolini (Centrale Montemartini, inv. n. 990; Guglielmi 2010, p. 312, n. III.23).
Jessica Clementi