La statua raffigura una giovane fanciulla vestita di un chitone manicato lungo fino ai piedi e di peplo, fermato sulle spalle e stretto con un fiocco sotto al seno. Il volto ha forme piene e infantili, con occhi allungati e piccole labbra carnose che accennano un sorriso. Il capo è coronato da una folta capigliatura a riccioli virgolettati che termina nella parte anteriore in una coroncina di singoli ricci sulla fronte. L’opera, ampiamente studiata, è stata ritenuta una replica, inquadrabile secondo i pareri dei vari autori tra l’età neroniana e quella antonina, legata a modelli originali di IV secolo a.C.
Ricordata dal De Rossi nel 1821 come ritratto di Agrippina II, giovane sposa di Domizio Enobarbo, è menzionata nella Palazzina Borghese nella Camera quarta nel 1832 e nella sala sesta nel 1893.
La particolare capigliatura dai ricci estremamente curati e i tratti fisionomici del volto inducono a suggerire per la scultura un inquadramento cronologico nel I secolo d.C.
Collezione Borghese, descritta per la prima volta nelle Illustrazioni de’ monumenti scelti Borghesiani del 1821; Nibby la ricorda nel 1832 nella quarta camera e Venturi nel 1893 nella sala sesta (1832, pp. 114-115; 1893, p. 42). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 51, n. 150. Acquisto dello Stato, 1902.
La scultura raffigura una fanciulla stante, con la gamba destra leggermente flessa e scartata di lato. Indossa un chitone manicato e sopra un peplo, annodato sotto il seno da un sottile laccetto, chiuso a fiocco sul davanti. L’abito, trattenuto sulle spalle, è provvisto di un lungo apoptygma, un rimbocco di stoffa all’altezza dei fianchi, delicatamente sollevato dalla mano sinistra. L’elegante panneggio delle maniche è fermato da piccoli bottoncini disposti in fila. La veste è resa con profonde solcature incise parallele nella parte inferiore del corpo, che si distendono verso destra ad accogliere la gamba avanzata. Il capo è leggermene volto a sinistra ed è ricoperto da una folta massa di corti riccioli scomposti, che terminano sulla fronte in una coroncina di virgole verso destra. Il volto ha forme piene con guance paffute e labbra carnose. Le ampie arcate sopraccigliari sovrastano occhi di forma allungata con palpebre gonfie.
Nel 1821 il De Rossi, che ne fornisce una prima descrizione, la identifica con Agrippina II, giovane sposa di Domizio Enobarbo. L’autore attribuisce all’unione con un uomo “privato” la mancanza di qualsiasi ornamento degno di un’Augusta e riconosce il pregio della statua, che tuttavia considera non “di prima bellezza” (1821, p. 106, tav. 46). Il Nibby nel 1832 la ricorda esposta nella Camera quarta e la inquadra all’epoca di Settimio Severo, mentre il Venturi, nel 1893, la menziona nella sua attuale collocazione, la sala sesta, e vi riconosce un’imperatrice risalente all’epoca degli Antonini (1832, pp. 114-115; 1893, p. 42). Il Platner è l’unico a ritiene la testa non pertinente (1838, p. 252, n. 11). L’Helbig la considera una replica, a carattere funerario, di un originale greco del IV secolo a.C., e sull’osservazione del viso paffuto e dei ricci estremamente curati la inserisce in epoca flavia (1913, p. 246, n. 1554). Il pensiero è condiviso dal Lippold che, inoltre, individua nella testa un ritratto di bambina coevo al gruppo Ludovisi dello scultore greco Menelaos, attivo tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. (1825, p. 15, n. 2757-2759). L’accostamento è promosso anche dal von Steuben, dal Borda, che attribuisce all’iconografia ritrattistica di epoca giulio-claudia il volto di Elettra del gruppo Ludovisi, e dalla Calza che inquadra l’opera in epoca neroniana (1966, p. 738, n. 1984; 1953, p. 114, Figg. 30, 31, 39; 1957 p. 14, nn. 127-129). La Amedick nel 1991 individua nell’acconciatura un legame con quella di Ottavia Claudia, prima moglie di Nerone (p. 387, tav. 101, 3).
In conclusione il trattamento del panneggio sembra potersi legare a modelli risalenti al V e IV secolo a.C. dei quali la scultura Borghese rappresenterebbe una replica inquadrabile nel I secolo d.C.
Giulia Ciccarello