La statuetta raffigura un personaggio maschile con indosso un panneggio che ricopre la parte inferiore del corpo e che si adagia elegantemente sulla spalla e sul braccio sinistri. Lo schema iconografico richiama il tipo dell’Asclepio Giustiniani, conservato presso i Musei Capitolini e ritenuto una copia di un archetipo del V secolo a.C. Gli attributi che caratterizzano la scultura Borghese come Zeus, la folgore nella mano destra, il capo dai folti capelli e barba, l’aquila ai piedi, sono delle aggiunte di restauro. La scultura è menzionata all’interno della Palazzina Borghese per la prima volta nel 1832 e nel 1919 risulta presente nella sala II al primo piano.
Le morbide pieghe e lo schema del panneggio arrotolato sull’addome suggeriscono di inquadrare l’opera nel II secolo d.C.
Collezione Borghese, ricordato nel 1832 da Nibby (tav. 43c). Acquisto dello Stato, 1902.
La statua, di dimensioni ridotte, è menzionata per la prima volta dal Nibby nel 1832 come “Giove fulminante” (Tav. 43 C) e, successivamente, dal Giusti nella seconda sala al primo piano nel 1919 (p. 46). Attualmente conservata nel deposito della Palazzina Borghese, rappresenta una figura maschile stante con la gamba destra leggermente flessa e spostata verso l’esterno e la gamba sinistra a sostegno del corpo. Il braccio destro è levato verso l’alto e trattiene nelle mani la folgore, mentre quello sinistro è adagiato sul fianco. La figura indossa un panneggio, che avvolge il braccio sinistro pendendo dalla spalla e la parte inferiore del corpo, lasciando scoperti i piedi. Essi calzano i crepides, dei sandali, caratterizzati da due corregge in cuoio, una all’altezza delle dita e una seconda alla caviglia, unite da una terza a formare un fiocco. Il busto, evidenziato da una muscolatura possente, è nudo. Sul suolo, a sinistra della figura, è adagiata un’aquila con il collo ritorto verso l’uomo.
La scultura, che presenta notevoli interventi di restauro, conserva di antico il torso con il braccio sinistro e il panneggio fino al collo dei piedi. Le peculiarità della veste, arrotolata orizzontalmente sull’addome, consentono di stabilire un legame con il tipo iconografico di Asclepio. In particolare, con l’Asclepio tipo Giustini, conservato presso i Musei Capitolini, ritenuto la replica di un archetipo tardo classico, inquadrabile nel V sec. a.C. (inv. 1846: Meyer 1994, pp. 7-55). Si può verosimilmente ipotizzare che la scultura Borghese, prima della caratterizzazione quale Zeus con l’aggiunta della testa barbuta, della folgore e dell’aquila, raffigurasse originariamente proprio Asclepio. Un adattamento simile si ritrova in una statua di notevoli dimensioni proveniente da Smirne ed esposta al museo del Louvre (Laugier 2021, pp. 124-128, n. 94). Lo schema del panneggio, caratterizzato da morbide pieghe dal profondo contrasto chiaroscurale, inducono a suggerire un inquadramento cronologico nel II secolo d.C.
Giulia Ciccarello