Il ritratto, di dimensioni colossali, raffigura l’imperatore Antonino Pio nel tipo cosiddetto “Vaticano-Croce Greca 595” caratterizzato da riccioli sulla fronte disposti a virgola verso sinistra e da tratti evidenti dell’età matura. Il Wegner considera il tipo contemporaneo alla celebrazione dei decennalia, svolti nel 148 d.C. A tale data si può ricondurre l’esemplare Borghese.
La scultura, ricavata da un blocco monolitico, si mostra notevolmente manomessa da interventi di restauro apportati, probabilmente in occasione della sua sistemazione nel Palazzo di città, in occasione del rinnovamento settecentesco, e quindi nella Palazzina successivamente alla depredazione napoleonica.
Nell’inventario del 1812 è ricordata nel Palazzo Borghese di Campo Marzio e nel 1828 è citata dal Canina nel Salone della Villa, dove è tuttora visibile, a pendant con quella, altrettanto colossale, di Adriano.
Collezione Borghese, ricordato nel sec. XVIII nel Palazzo Borghese in Campo Marzio (de Lachenal 1982, App. II, p. 104; Fumagalli 1994, pp. 144-145) e nella Villa nel 1828 nel Salone (Canina, pp. 4-5). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 43, n. 30. Acquisto dello Stato, 1902.
La testa colossale si trovava nel palazzo Borghese in Campo Marzio, insieme a quella, ugualmente colossale, di Adriano (inv. IIL), in una delle due grandi nicchie della Galleria, allestita durante il rinnovamento dell’edificio avvenuto negli anni 1767-1775 in occasione delle nozze tra Marcantonio IV e Anna Maria Salviati. Il ritratto è documentato nel Palazzo nel 1796, quando il pittore Agostino Tofanelli fu pagato per disegni finalizzati alla riproduzione in un’incisione della testa dell’imperatore (Fumagalli 1994, pp. 144-145). Tale collocazione è confermata dall’Inventario del 1812, “in due nicchie grandi al Piano del Salone esistono due busti colossali antichi, Uno di Antonino Pio, e l’altro di Adriano Imperatore col loro Zoccolo di vari Marmi” (AAV, Arch. Borghese 309, n. 115, inventario 1812, c. 18v: de Lachenal 1982, App. II, p. 104). In occasione del nuovo allestimento delle sale voluto da Camillo Borghese successivamente alla vendita napoleonica, furono entrambe trasferite nella Villa. Nel 1828 il Canina cita la testa esposta nel Salone, sua odierna sede (p. 5); tale sistemazione è confermata dal Nibby nel 1832 che ritiene la scultura “per identità di marmo, di stile, e lavoro” opera dello stesso autore della testa di Adriano e per “scultura e mole” superiore alla replica del Vaticano, del Museo Capitolino e di quella del Museo di Napoli.
L’autore riporta, inoltre, il giudizio del Visconti che nel mettere a confronto la testa Borghese di Antonino Pio con quella presente nel Museo Pio Clementino in Vaticano la riteneva “non men pregevole per la scultura che per la mole” (Nibby 1832, pp. 51-52, n. 12; Visconti 1792, p. 63, XLVIII).
La testa, di dimensioni colossali, ricavata da un unico blocco, ritrae l’imperatore in età matura. Sul capo la capigliatura appare trattata in maniera differente, con ciocche rese da leggere scalpellature di raffinato effetto pittorico sulla parte superiore della calotta e ciuffi più levigati sul davanti. Gli occhi, con pupilla incisa sul lobo oculare, sono rigonfi e profondamente marcati. L’espressione, mite e benevola, sottolineata da dagli occhi rivolti verso l’alto, è accentuata dalle evidenti rughe dell’età avanzata che solcano la fronte e delimitano la bocca. Nelle arcate sopraccigliari sono visibili i tratti di profondi solchi di scalpello precedenti l’abrasione della superficie. La lavorazione originale si individua anche nella barba, nella parte sotto il mento, all’attacco della mascella sinistra mentre nella parte corrispondente a destra è rilavorata. In occasione della sistemazione ottocentesca nelle sale, la scultura deve essere stata interessata da interventi di restauro che si mostrano soprattutto nella forte levigatura della superficie.
Il ritratto riproduce la fisionomia dell’imperatore nel tipo “Croce Greca 595” il cui originale, proveniente da Ostia, è conservato presso la sala a Croce Greca in Vaticano (Calza 1964, pp. 86-88, n. 137, tav. LXXXII). Tale modello iconografico si distingue per una disposizione dei capelli sulla fronte semplice e asimmetrica, in cui i riccioli si dispongono di sbiego a virgola verso sinistra sulle bozze frontali. Il Wegner lo ritiene una creazione contemporanea ai decennalia celebrati nel 148 d.C. in onore dell’imperatore (1939, pp. 23-25). Tale datazione sembra potersi confermare anche per il ritratto Borghese.
Il Venturi ritiene la scultura antica ma “guastata” dal restauro moderno (1893, p. 15). Lo Helbig, che osserva una forte levigatura della superficie del volto, la indica di stile antonino (1913, p. 235, n. 1535). Il Wegner la considera una replica del tipo Vaticano ma notando un’ambivalenza tra la lavorazione della capigliatura e quella della barba, resa da scalpellature lineari, avanza dei dubbi sull’autenticità (1939, p. 149).
Giulia Ciccarello