Il soggetto di quest’opera, attestata in collezione Borghese dalla fine del Seicento, è di ispirazione classica. Raffigura Venere, sdraiata su un morbido giaciglio, mentre offre un frutto al piccolo Cupido, le cui ali si intonano con le sue gote, con il pomo offerto dalla divinità e con il mantello su cui poggia la dea. Variando la densità dei colori e giocando sapientemente con l'uso della luce e delle diagonali, l’ignoto artista, vicino ai modi di Giovambattista Naldini, conferisce ordine e naturalezza all’immagine che acquista un’inusuale raffinatezza.
Fine ‘800/ inizio ‘900 (cm 55,3 x 65 x 4,5)
Roma, collezione Borghese 1693 (Inventario 1693, Stanza VI, n. 26; Della Pergola 1959); Inventario 1790, Stanza VI, n. 15; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 26. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora sconosciuta. L'opera, infatti, identificabile a partire dal 1693, fu elencata nell'inventario dei beni di casa Borghese con il numero '545' - cifra tuttora visibile in basso a destra - descritta in tale occasione come 'un quadro di due palmi in c[irc]a bislongo in tela con una Donna nuda colca un panno giallo che porge un pomo ad un amorino [...] con cornice piccola dorata del Cavalier d'Arpino' (Inv. 1693).
La generosa attribuzione al pittore arpinate, rivista nel 1790 in favore dello Scarsellino, fu scartata sia dall'estensore del Fidecommisso (1833), sia da Giovanni Piancastelli (1891). In particolare, quest'ultimo assegnò il dipinto al Pomarancio dopo che nel 1842 Ernst Z. Platner aveva nuovamente riesumato il nome di Giuseppe Cesari.
Nel 1893, nonostante le evidenze stilistiche, Adolfo Venturi, seguito da Giulio Cantalamessa, riportò la teletta nell'orbita dello Scarsellino, pista scartata da Roberto Longhi (1928) che per primo pensò a ' un manierista fiorentino, in vicinanza del Morandini e del Naldini'. Tale parere, ripreso da Paola della Pergola (1959) e, negli anni passati, da Kristina Herrmann Fiore (2006) resta al momento il suggerimento più valido nel cercare una soluzione al problema attributivo.
Antonio Iommelli