Il dipinto, forse identificabile con un'opera analoga descritta in un inventario seicentesco, è attestato con assoluta certezza in collezione Borghese a partire dal 1833, variamente attribuito dalla critica a Niccolò Circignani e a Cristoforo Roncalli, artisti noti con lo stesso pseudonimo di 'Pomarancio'. Raffigura Gesù bambino mentre abbraccia la Vergine Maria, qui ritratti contro uno sfondo scuro da cui affiora la figura del vecchio Giuseppe. I colori delle loro vesti e la posa complessa del fanciullo s'ispirano certamente a modelli del manierismo romano, caratteristiche che insieme alla costruzione artificiosa della prospettiva e la varietà di sguardi ed espressioni, riportano la tavola nella cerchia del Roncalli.
Fine '800 - inizi '900 (cm 88,5 x 72 x 4)
(?) Roma, collezione Borghese 1693 (Inventario 1693, Stanza V, n. 54; Della Pergola 1959); Roma, collezione Borghese, ante 1833 (Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 10, n. 40). Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora ignota. Secondo Paola della Pergola (1959), giunse in casa Borghese entro il 1693, anno in cui l'opera sarebbe stata così descritta presso Palazzo Borghese di Campo Marzio: "un quadro di tre palmi, la Madonna con il Bambino in piedi, n. 338 in tavola" (Inv. 1693; Della Pergola 1959). Tale ipotesi, seppur percorribile, resta però alquanto dubbia, mancando il documento di quegli elementi chiari per un sicuro riconoscimento del quadro.
Attribuito genericamente negli elenchi fedecommissari al 'Pomarancio', fu riferito con più precisione da Giovanni Piancastelli (1891) e da Adolfo Venturi (1893) a Niccolò Circignani, nome rifiutato da Hermann Voss (1920), Roberto Longhi (1928) e Paola della Pergola (1959) in favore di Cristoforo Roncalli, artista pisano, nato a Pomarance come Niccolò prima di lui.
Nel 1978 Carlo Volpe cercò di sciogliere ogni dubbio: la tavola Borghese risultava una copia di un dipinto piacentino eseguito dal Roncalli (già Piacenza, coll. privata), da cui però l'autore si sarebbe discostato in alcuni particolari, pista non accolta da William C. Kirwin (1979) che dal canto suo riteneva la composizione romana un autografo giovanile roncalliano (Id. 1972), realizzato a suo dire attorno al 1580-81, come suggerirebbero alcune soluzioni affini alla maniera di Raffaellino da Reggio.
Sicuramente alcune ingenuità già debitamente evidenziate dalla critica (cfr. Chiappini di Sorio 1983), come la durezza dei volti e il fare vago e approssimativo riscontrabili nella figura evanescente di Giuseppe e nel disegno imperfetto delle gambe del Bambino, spingono ad escludere l'opera dal catalogo del Roncalli e ad avvicinarla ad un pittore della sua cerchia.
Antonio Iommelli